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Piccolo coleottero dell’alveare (Aethina Tumida)

Aethina Tumida foto dell'Università della Florida

Il piccolo coleottero dell’alveare è un parassita delle api e dei bombi, indigeno dell’Africa subsahariana, si è diffuso in molti stati dell’America del nord, l’Australia e le Filippine, mentre è ancora esotico in Europa ed in Italia dove è stato subito contenuto in Calabria ed in Sicilia dopo la sua accidentale introduzione dall’Inghilterra nel 2014.

E’ un pericolo per la produzione di miele poiché si nutre e distrugge il favo, il miele, il polline e la prole delle api. L’apicoltore che dovesse trovarne nel proprio apiario infatti è tenuto a contattare l’ASL veterinaria locale o l’istituto zooprofilattico.

Tassonomia

Il suo nome scientifico è Aethina Tumida, coleottero della famiglia Nitidulidi, a cui appartiene anche il coleottero della frutta secca “Carpophilus hemipterus”. Aethina identifica il suo genere e Tumida è la sua specie, il suo nome si deve al naturalista Andrew Murray, in inglese è chiamato “Small Hive Beetle” o SHB, letteralmente il piccolo scarafaggio di alveare, per distinguerlo da quello grande, (Oplostomus fuligineus)  fortunatamente ancora presente solo in Africa.

Diffusione

Si muove principalmente grazie all’esportazione di api,alveari e i loro prodotti, sono un ulteriore motivo per cui l’esportazione e importazione di questi prodotti è molto regolata in Europa, altri metodi che può sfruttare sono il terriccio e i bombi che infesta.

Fino alla fine degli anni 90 era rimasto isolato in Africa, per poi diffondersi prima in Florida nel “98” e poi attraverso tutti gli Stati Uniti incluso l’isola delle Hawaii (nel 2010), si è diffuso anche al nord, in Canada e al sud in Messico, lo si ritrova anche in Australia,Cuba e Giamaica.

In Italia è arrivato nel 2014 dall’Inghilterra, ma è stato subito contenuto in Calabria e in Sicilia, al momento non sembra essere presente nelle isole britanniche.

In Australia dal 2017 non è obbligatorio denunciarne la presenza.

Comportamento e impatto

conseguenze delle azioni di una aethina tumida, il piccolo coleottero dell'alveare,

Nella sua terra natia, il continente Africano è considerato un infestante minore per le api da miele, che come è accaduto per quelle russe nei confronti della Varroa, hanno sviluppato una buona resistenza a questo parassita, mentre in America può portare alla morte del 10% delle api di ogni apicoltore, dai primi due anni della sua scoperta almeno 20mila colonie sono state distrutte da questo scarabeo, causando danni per milioni di dollari.

 

Questo infestante si nutre di ogni prodotto e sottoprodotto dell’alveare e delle api, che sia il miele, la prole e persino il polline che raccolgono.

Può vivere dentro e nutrirsi di frutta marcia come i moscerini, ma riesce a superare lo stadio di crisalide con maggior successo se si nutre di prodotti dell’alveare.

Un ospite alternativo a questo parassita è anche il bombo “B. impatiens”, il coleottero non sembra avere preferenze tra questo e l’ape da miele.

Ha imparato a sviluppare dei ritmi circadiani, ovvero a regolare la sua giornata in base ai ritmi delle api, sono più attive quando lo api hanno finito la loro giornata, verso la sera, inoltre riesce a mimetizzarsi emettendo dei feromoni che mimano quelli delle api, riesce persino a farsi nutrire come se fosse una loro larva. Questo coleottero è attivo di notte e cerca sempre di evitare la luce.

L’attrazione dell’Aethina Tumida per l’alveare è causata da ,in primo luogo molti elementi volatili emessi dalle api, il polline, la loro cera, il miele e persino i feromoni utilizzati come allarme dalle api, quello che può causare un’escalation nell’invasione è dovuto alla muffa che esiste in una simbiosi ancora poco compresa con il coleottero, la “Kodamaea ohmeri”, infatti man mano che questa si diffonde, cresce sul polline e le pareti dell’alveare con la sua fermentazione rilascia un composto che mima i feromoni che le api rilasciano come allarme, questo attrae ulteriori scarafaggi.

Ciclo vita

L’A. tumida ha un ciclo tipico, formato da: uovo,larva,crisalide e adulto.

Può avere fino a 6 generazioni per anno a seconda delle condizioni ambientali, generalmente durante i mesi caldi possono sopravvivere anche 9 giorni senza cibo o acqua. D’inverno riescono a sopravvivere nascondendosi dentro gli alveari.

Uovo:

L’uovo viene deposto all’interno delle fessure di un alveare o dove la regina depone le sue uova eventualmente può sfruttare anche le polpette di polline che sono spesso usate tra gli apicoltori americani.

La femmina posiziona dei cluster di 10-30 uova, durante la sua vita può depositare tra le 1000 e le 2000 uova.

Le loro uova sono di un colore bianco translucido, un cilindro lungo 1,4 mm e largo 0,26 mm.

Le uova possono schiudere dopo 2 giorni a 34° C o 3 giorni tra i 24 e i 28° C.

Larva:

Emerge  lunga 1,3 mm e di un colore giallo tendente al bianco, crescerà fino a raggiungere 1 cm attraverso varie mute. Il corpo giallastro è diviso da una serie di scanalature, presentano come delle spine ed un una estremità di colore marrone.

La larva del piccolo coleottero si può distinguere facilmente rispetto a quella di ape, le quali rimangono ferme fino alla maturazione, e non hanno le spine dorsali.

Già a questo stadio essendo portatori della muffa Kodamaea ohmeri, cominciano a far fermentare le parti infette, creando una sostanza viscida intorno alle larve che cominceranno a nutrirsi dei prodotti dell’alveare e anche delle uova di api.

Lo sviluppo del loro peso è stato osservato in correlazione alla temperatura.

A 35°C gli è servita una settimana per raggiungere l’apice del loro peso, a 21°C invece più di 2 settimane, 17 giorni.

Dopo 10-14 giorni la larva raggiunge l’ultima muta, a questo punto migrano dall’alveare per l’ultima fase, la pupa o crisalide, effettuata nel terreno circostante al nido d’ape, possono coprire anche distanze superiori ai 200 m.

Assomiglia molto alla larva della tarma della cera, altro infestante pericoloso per le api ma assente in Italia, si distingue per via di una ghiandola tra testa e torace e 4 paia di zampe addominali, tratti assenti nella SHB.

Crisalide o pupa:

Questa è la fase più fragile per l’insetto. La larva matura si ammassa sul fondo del nido per poi uscire seguendo la luce, comincia a vagare nel territorio circostante al nido, qui le larve si aggruppano in una processione scava 4-8 centimetri , anche fino a 200 metri, per questo può essere trattato con della farina fossile per disidratare l’insetto nel bozzolo.

Il tempo di pupazione in generale va dalle 2 settimane ad 1 mese circa (15-33 giorni), ma può estendersi anche a 100 giorni nei climi freddi. Possono pupare dentro terreni impervi, che siano sabbiosi o argillosi, l’importante è che siano abbastanza caldi e umidi. La larva matura può sopravvivere anche 48 giorni senza acqua o cibo. La crisalide è bianca e diventa scura con la maturazione.

Adulto:

La vita media del coleottero dell’alveare ha una durata molto suscettibile, mentre nella natura selvaggia si pensa vivano 6 mesi, in un ambiente di laboratorio possono vivere anche 16 mesi. La longevità della femmina sembra dipendere dalla frequenza con cui deposita le uova, maggiore è il numero e minore la sua vita.

Morfologia

Da adulto ha la forma di un piccolo scarabeo ovale, con un corpo largo e appiattito le sue dimensioni sono circa 1/3 di un ape, risulta comunque abbastanza visibile rispetto alle delle del suo alveare, tra i 5 e i 7 mm di lunghezza e largo 4,5 mm, ha un colore che varia tra il marrone rossiccio appena emerso che diventa nero una volta maturato completamente. Hanno due antenne clavate, una elitra (le ali anteriori) corta che non copre tutto l’addome, il corpo è ricoperto da sottilissimi peli.

 

E’ possibile determinare il sesso dell’insetto applicando una leggera pressione sull’addome, la quale causa la protrusione dei genitali da parte delle femmine, mentre nei maschi fa estendere l’ottavo tergite, ovvero il dorso sclerificato dell’insetto.

Possiede un apparato alare funzionante con cui si sposta fino a 7 km di distanza in cerca di alveari, ma secondo l’ufficio del governo Australiano “Industries Research and Development Corporation”, arriva anche a 15 km.

Contenimento

Nel loro continente d’origine, l’Africa, l’Apis mellifera capensis ha imparato come combattere una loro infestazione, sfruttando la propoli, una sostanza utilizzata dagli umani per le sue proprietà antisettiche e contro il mal di gola.

Le api producono questa sostanza resinosa da una miriade di materiali (il polline raccolto, la cera, e innumerevoli tipi di minerali e olio) a seconda del luogo in cui si trovano, usata come supporto per irrobustire o sigillare i favi, questa varietà africana usa la propoli per intrappolare il coleottero, creando una vera e propria prigione fatta di carcerieri che controllano che i galeotti non scappino e anche delle api infermiere che, ingannate dal rilascio dei feromoni e la stimolazione della bocca di api che rilasciano il polline che portano per nutrire le SHB.

Contenimento in Italia

Anche se la sua presenza in Italia è stata contenuto già nel 2014 quando è stato rilevato, l’ultimo focolaio che ha portato alla distruzione degli alveari coinvolto è avvenuto nel 2019, inoltre ogni apicoltore dell’Europa Unita deve verificarne l’eventuale presenza nelle proprie arnie, qualora venisse riscontrato c’è l’obbligo di denuncia dell’infestante, nel caso dell’Italia un apicoltore può rivolgersi alla ASL veterinaria o istituto zooprofilattico locale.